giovedì 21 marzo 2013

Una Questione Privata




 
Over the Rainbow

Calvino ( chissà come, ma Calvino c’entra sempre!) paragonò questo romanzo di Fenoglio all’Orlando Furioso definendolo ”un romanzo di follia amorosa e cavallereschi inseguimenti”. Ma non solo. Lo definì anche l’unico “romanzo” sulla resistenza, un intreccio romantico in cui quei venti mesi fondamentali della nostra storia non sono né i protagonisti di una rievocazione né fanno da sfondo alla tragica avventura di Milton, il partigiano, ma sono la Storia collettiva che si incrocia con quella individuale e con cui interagisce determinandone la traiettoria.
Se Milton non fosse stato Milton la storia sarebbe stata un’altra. Ma visto che lo smilzo e tetro Milton era quello che la fantasia di Fenoglio ha partorito, la sua vita non poteva che prendere la direzione che la Storia gli parava davanti.
La Storia fatta di coincidenze, le coincidenze proprie di quel contesto e non altre. In questo senso è un romanzo realista. Milton è un partigiano e tra le colline di Alba si muove in cerca della verità.
Oh dio, ciò, per cui rischia la vita e mette in pericolo quella degli altri è un amore adolescenziale, l’amore per una stronzetta di sedici anni che gioca a fare la femme fatal, che mentre lo blandisce se la fa con l’amico del cuore del povero (nel senso letterale del termine) ragazzino. Loro sono belli e ricchi mentre lui è alto, scarno, curvo di spalle e già a ventidue anni con due forti pieghe amare ai lati della bocca. Lui è solo un anglofono, buono per tradurle i testi delle canzoni che lei ama.
Ma lui non capisce perché, si sa, che al cuore non si comanda. Iniziano nel bel mezzo della resistenza quattro giorni di saliscendi al cardiopalma tra le colline fangose, di appostamenti solitari, di incontri con altri partigiani, alla ricerca di un ostaggio da scambiare con l’amico prigioniero dei repubblichini, amico che vuole salvare per fargli la domanda fatidica: lei mi tradiva con te? Anche se la domanda, nel testo, Fenoglio l’affida ai puntini sospensivi .
Se Milton si fosse mosso in un altro scenario, la sua azione non avrebbe avuto come conseguenza la rappresaglia fascista e la morte di due ragazzini di quattordici anni.
Milton non lo sa, non è informato dal narratore delle conseguenze delle sue folli azioni. Pertanto non è tecnicamente colpevole di questo ma lo è per non aver previsto che il fallimento della sua impresa sarebbe stato non solo la sua rovina ma anche quella dei compagni, di cui aveva al responsabilità. Milton, però, come un eroe romantico e con in cuore un amore inconfessabile in quei tragici momenti, in solitaria affronta i pericoli perché “Non poteva più vivere senza sapere, e, soprattutto, non poteva morire senza sapere. Ma in quelle circostanze eccezionali l’avventura non poteva che concludersi nel modo più tragico.

1 commento:

  1. e guarda che capa di mbrella ti lascia il primo commento. :)
    bel commento (il tuo, of course)

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