Over the Rainbow
Calvino ( chissà come, ma Calvino c’entra sempre!) paragonò questo romanzo di
Fenoglio all’Orlando Furioso definendolo ”un romanzo di follia amorosa e
cavallereschi inseguimenti”. Ma non solo. Lo definì anche l’unico
“romanzo” sulla resistenza, un intreccio romantico in cui quei venti mesi
fondamentali della nostra storia non sono né i protagonisti di una rievocazione
né fanno da sfondo alla tragica avventura di Milton, il partigiano, ma sono la
Storia collettiva che si incrocia con quella individuale e con cui interagisce
determinandone la traiettoria. Se Milton non fosse stato Milton la storia sarebbe stata un’altra. Ma visto che lo smilzo e tetro Milton era quello che la fantasia di Fenoglio ha partorito, la sua vita non poteva che prendere la direzione che la Storia gli parava davanti.
La Storia fatta di coincidenze, le coincidenze proprie di quel contesto e non altre. In questo senso è un romanzo realista. Milton è un partigiano e tra le colline di Alba si muove in cerca della verità.
Oh dio, ciò, per cui rischia la vita e mette in pericolo quella degli altri è un amore adolescenziale, l’amore per una stronzetta di sedici anni che gioca a fare la femme fatal, che mentre lo blandisce se la fa con l’amico del cuore del povero (nel senso letterale del termine) ragazzino. Loro sono belli e ricchi mentre lui è alto, scarno, curvo di spalle e già a ventidue anni con due forti pieghe amare ai lati della bocca. Lui è solo un anglofono, buono per tradurle i testi delle canzoni che lei ama.
Ma lui non capisce perché, si sa, che al cuore non si comanda. Iniziano nel bel mezzo della resistenza quattro giorni di saliscendi al cardiopalma tra le colline fangose, di appostamenti solitari, di incontri con altri partigiani, alla ricerca di un ostaggio da scambiare con l’amico prigioniero dei repubblichini, amico che vuole salvare per fargli la domanda fatidica: lei mi tradiva con te? Anche se la domanda, nel testo, Fenoglio l’affida ai puntini sospensivi .
Se Milton si fosse mosso in un altro scenario, la sua azione non avrebbe avuto come conseguenza la rappresaglia fascista e la morte di due ragazzini di quattordici anni.
Milton non lo sa, non è informato dal narratore delle conseguenze delle sue folli azioni. Pertanto non è tecnicamente colpevole di questo ma lo è per non aver previsto che il fallimento della sua impresa sarebbe stato non solo la sua rovina ma anche quella dei compagni, di cui aveva al responsabilità. Milton, però, come un eroe romantico e con in cuore un amore inconfessabile in quei tragici momenti, in solitaria affronta i pericoli perché “Non poteva più vivere senza sapere, e, soprattutto, non poteva morire senza sapere. Ma in quelle circostanze eccezionali l’avventura non poteva che concludersi nel modo più tragico.
Come Frederica, la protagonista, non ho orecchio per la musica e un po’ banalmente i Beatles sono la mia colonna sonora di quegli anni che furono brevi ma il cui “ ricordo sembrerà molto più lungo di quanto sia in realtà”.
E quei favolosi anni sono i protagonisti di questo lungo romanzo di una romantica donna inglese postmoderna, l’ Asten di “Ragione e sentimento” del XX secolo.
Protagonista è Frederica che lotta per l’emancipazione, cosa vecchia per noi donne post sessantotto se Nigel non facesse al tiro con l’ascia con lei e se il giudice del processo per il divorzio non la tormentasse sui particolari della sua vita sessuale, prima, durante e dopo il matrimonio fino a mettere in dubbio la sifilide contagiatale dal marito. Fino a reputarla una madre anaffettiva, perché è una donna che legge.
Se non fossero storie d’ogni giorno, mi verrebbe da dire che la Byatt avesse scritto sotto la suggestione della Medea della Wolf.
E poi c’è Jude Mason, autore della “Torre del balbettio” romanzo nel romanzo, e il processo intentatogli per l’oscenità del contenuto del suo libro.
Jude Mason esiste davvero ed è autore di romanzi erotici, ma non so dire se quest’ultimo abbia scelto come pseudonimo il personaggio della Torre di babele o la scrittrice abbia introdotto nel suo romanzo un personaggio reale, come del resto ha chiamato a testimoniare in favore dello stravagante scrittore, Anthony Burgess.
E tutto si amalgama: la lotta femminista e i suoi ostacoli insormontabili, il melodramma dello scrittore maledetto, i fantasmi della mente dell’uomo sdoppiato ma reale. E sullo sfondo le minigonne di Mary Quant,l’ LSD, la musica, il Vietnam e le lotte di liberazione, tutto e subito.
Sempre rigorosamente usando l’indicativo presente che ha un effetto di presente storico dopo cinquant’anni.
C’ è un fiorire di Shakespeare, Blacke, Fourier, Sade, Kafka e tanti altri fino a Lawrence, il cui processo per Lady Chatterly fa testo in quello intestato a Mason. Perché questi sono la materia di cui è formata Frederica che vorrebbe scrivere, ma legge tanto per riuscire a essere una buona critica di se stessa: non ci si può liberare del proprio io nello scrivere, possibile solo se non si è l’autore di ciò che si legge e se il linguaggio non fosse così limitato per esprimere la verità di ognuno di noi.
Una babele, il linguaggio, che la commissione scolastica ministeriale tenta di dipanare con incerti risultati.
E tra quelle rivoluzioni, vissute consapevolmente, non potevano mancare la biologia molecolare allora agli albori e che avrebbe cambiato la vita; l’arte,la musica e la religione vecchia e nuova con il suo proliferare di comunità spirituali “dionisiache”.
Un’epoca sezionata e fatta quotidianità tra la compassata campagna inglese e l’underground londinese.
Un mondo che anche per me è scivolato impercettibilmente dal passato prossimo a quello remoto e che dei tempi remoti ha il gusto di favola.